Non si sarebbero scelti il nome “Fenice” senza l’intenzione di cambiare piumaggio ad ogni album, e così fa “Alpha Zulu”, un lavoro vario che recupera la freschezza degli esordi dei Phoenix, interamente registrato dentro al Louvre.
Dal loro primo singolo “If I Ever Feel Better” di acqua sotto i ponti ne è passata, era il 2000 e da allora il pezzo è divenuto un classico della dance music e i Phoenix hanno pubblicato 7 album, compreso il nuovo “Alpha Zulu”, registrato in un ala del museo del Louvre di Parigi, adibita a studio di registrazione per loro.
Una location privilegiata che non serve solo ad ostentare ricchezza e potere, Jay e Bey mi sentite? Ma anche per creare arte e trovare un’ispirazione fresca e nuova, che ha dato vita ad un album dallo spirito variegato tra synth up tempo ed episodi più intimisti.
La band si è lasciata ispirare da un luogo magico e pieno di storia; non è un caso se l’artwork sia un particolare ritoccato di “Vergine con Bambino e otto angeli” del Botticelli.
Per questo non sorprende che “Alpha Zulu” sia audacemente ambizioso e racchiuda una serie di canzoni dirompenti. Me li immagino i Phoenix correre per le stanze del Louvre come i piccoli criminali di “Bande à part“, film del 1964 diretto dal compianto Jean-Luc Godard; solo che i Phoenix a differenza dei protagonisti del film non scappano, ma corrono godendosi e celebrando la ritrovata euforia che sprigiona dal loro settimo album.
Ne abbiamo parlato con Laurent ‘Branco’ Brancowitz (guitar/keyboards/backing vocals):
Ciao Branco, come stai?
Benissimo, sono a Roma, c’è il sole, amo questa città non ci sono potuto venire per due anni e ora devo compensare, appena posso ci torno.
E’ appena uscito il nuovo album “Alpha Zulu” dopo cinque anni dal precedente “Ti Amo”, come ti senti?
Felice, è passato un po’ di tempo, spero che piaccia perché alla fine è questa la domanda che ti fai, è questo che rende il tutto elettrizzante. Quando abbiamo cominciato a scrivere il disco in pandemia pensavamo che il giorno in cui sarebbe uscito il mondo sarebbe cambiato, come in un momento biblico, ora sappiamo che questo non è successo sfortunatamente.
Credo che con “Alpha Zulu” abbiate ritrovato l’energia e la varietà nel suono che contraddistingue il vostro primo album “United”, come avete ritrovato questo feeling?
Sono d’accordo, è vero, sarà stata la pandemia ma ci siamo ritrovati solo noi quattro a farlo senza contributi esterni, quindi esattamente come abbiamo composto il nostro debutto solo che il primo album fu registrato in una cantina, questa volta avevamo uno studio un pò speciale e bellissimo ma l’attitudine era la medesima.
Il primo album “United” aveva un tema, quindi scartammo tutte le canzoni che secondo noi non rientravano nel mood che stavamo cercando, con “Alpha Zulu” invece abbiamo esplorato la diversità del suono.
Se c’erano due canzoni troppo simili cercavamo di cambiarne una, oppure veniva scartata.
Lo studio “bellissimo” come lo hai chiamato è stato allestito in un ala del Louvre, mentre era chiuso per il Covid, come avete ottenuto quest’opportunità che definirei unica?
Ogni album cerchiamo di registrarlo in un luogo diverso, non volevamo uno studio di registrazione standard perché ci annoia, son tutti uguali.
E quindi vi siete detti: “Che noia gli studi di registrazione! Andiamo a registrare al Louvre!”
Esattamente! (sghignazza divertito ndg). Al Louvre stavano cercando di aprire degli spazi/laboratorio per scrittori o visual artist, non avevano mai pensato a dei musicisti ma noi siamo in grado di trasformare qualsiasi spazio in un studio, lo facciamo da quando siamo ragazzini, così abbiamo chiesto il permesso e ce l’hanno concesso. E’ stato facile trasformare la stanza del Louvre in uno studio, abbiamo dovuto solo fare degli accorgimenti acustici ma poi ci siamo stati per due anni!
Credi che l’atmosfera magica del museo abbia trasportato qualcosa nella nuova musica?
Assolutamente anche se mi è difficile dirti cosa. Sicuramente eravamo felici di andare ogni mattina a lavoro. Siamo stati molto creativi, avevamo tantissime idee e sicuramente è stato anche il luogo ad ispirarci, con la sua storia. Magari avremmo fatto un disco più bello registrandolo in un post di merda ma questo non lo sapremo mai.
Io direi che è un luogo che vi ha totalmente ispirato, penso alla prima volta che ho sentito “Alpha Zulu” il primo singolo, mi avete spiazzato!… Ho pensato: che mossa coraggiosa.
Ci sono tantissime cose in questo disco, alcune più coraggiose di altre, parlando del singolo abbiamo sempre pensato che il primo assaggio del disco dev’essere una mossa coraggiosa.
La canzone “Alpha Zulu” serviva ad aprire un nuovo capitolo, è come la prima scena di un film vuoi che catturi l’immaginazione. Abbiamo provato a fare anche qualcosa di più conservatore ma ci piace troppo sfidare le aspettative.
Sapevamo che la prima reazione poteva essere sconcertante per i suoi elementi viziosi.
Uno dei pezzi che mi ha più attratto di chiama “All Eyes On Me” adoro i suoi synth pazzi, e la vibes anni ’80 dovreste farlo singolo!
Vedi la cosa divertente della musica moderna pubblicata in digitale è che ti permette di evolverti, una volta avevi il cd stampato e quello era. Oggi con lo streaming puoi mettere mano ai pezzi e cambiarli anche dopo la pubblicazione e credo che “All Eyes On Me” uscirà come singolo ma in una veste diversa.
Il 18 novembre sarete a Milano all’Alcatraz per l’unica data italiana del tour, ho visto dei video della prima leg del tour in cui il palco aveva questi magnifici led che tra i vari scenari riprendevano un vecchio teatro italiano d’opera, c’è una contrapposizione tra l’antico e la sua storia e la modernità dei led. Ho visto giusto?
Esattamente! Sei la prima persona che ha capito quello che avevamo in mente, ogni volta faccio fatica a spiegarlo, tu lo hai fatto così bene e in modo così semplice: un teatro d’opera ricreato con i led! Dovresti lavorare per noi come P.R.!
Fatemi un fischio e arrivo! Ti faccio la domanda con cui chiudo sempre le mie interviste: qual è l’ultimo album di cui ti sei innamorato:
Ah caspita, innamorarsi è una cosa seria, fammi pensare… “Promises” di Floating Points, Pharhoa Sanders e London Symphony Orchestra. Lo adoro. Ma non è facile per me trovare qualcosa che mi piace, preferisco cercare nel passato e trovare delle gemme coperte di polvere, con la musica moderna faccio molta fatica. Anche da giovane ero così, i Phoenix sono nati con la missione di salvare la musica, eravamo molto giovani, pieni di energia e anche un po’ stupidi, anche se a nostro modo abbiamo contribuito alla storia. Faccio molta fatica a capire il mondo di oggi e tutte le sue contraddizioni.